Tuesday, November 28, 2006

Vaniglia

La sto aspettando.Come ogni sera che si rispetti arriverà in ritardo inventando le più bieche scuse.
Ma anche questo fa parte del suo fascino.
Col suo inebriante profumo di vaniglia mi coprirà di baci e parole al vento che io non ascolterò, preso e rapito dal suo turbinare.
Come quella sera di autunno in cui le foglie cominciavano a cadere dagli alberi nella piazza ma ancora qualcosa di estate era nell'aria e quella maglietta che mi stava tanto bene potevo ancora permettermela.
Era la prima volta.
Non ci mise un minuto ad incantarmi col suo sguardo maliardo e felino.
I suoi vestiti dallo stile zingaresco facevano di me un accompagnatore inusuale, fu forse questo stridere gioioso che ci fece avvicinare un poco di più, a quel tavolo alla Castiglia.
E ascoltare che fai l'infermiera, che vuoi andare in Africa, che credi a quello questo e quest'altro, tutte queste cose e molte altre fummoproprio noi quella sera di Settembre.
A ripensarci ora mi sembrano storie raccontate da un paroliere un poco ubriaco in una serata di scarso successo, le risate molto facili e scontate, te che poco a poco vuoi sapere di me, chi sono e chi non sono.
La conosci benissimo anche ora, che sono un poco tuo, la difficoltà ad aprirmi, a farmi di un altra in tutto e per tutto e quel mio distacco di perpetuo disincanto dalle cose del Mondo.
Ma sai prendermi, e farti aspettare e desiderare, hai giocato bene le tue carte, con calma, e hai vinto.
Come ora, che mai più starei al freddo ad attendere il tuo arrivo che sa sempre di apparizione, molto.
E poi sai farmi ridere.Lo sai quanto è difficile.
Una sera ci siamo ubriacati nel prato lassù in collina, con la candela che mandava onde di luce nel nero della notte, e io e te sulla copertina a ridere abbracciati, con della gente che va e che viene che non sai se sono pazzi o cosa.
Epperò ora esageri.
Va bene il quarto d'ora accademico che se dobbiamo vederci a una certa ora prendiamo per buona la mezz'ora prima, ma ora esageri sul serio.
Una volta me ne sono pure andato, ecchecacchio.
Ma sei bellissima e il tuo fascino sa farsi perdonare tutto.O quasi.
D'incanto, il suo profumo, il suo passo, le sue mani subito attorno alla vita e quel morbido dolce che preme sulla mia schiena.
Poi i capelli, di nuovo il profumo, più forte ora, e le labbra, finalmente, la mia lingua subito con la sua, nell'Abbraccio.
"Scusa il ritardo".
"Figurati.Ho pensato a noi.Magari lo scrivo, un giorno o l'altro..."

Stamattina mi son svegliato presto per perdermi.
Sissignori, nesun errore di battitura: non radermi, prendermi, o robe così. PERDERMI.
Letto bene?
Queste nebbie di fine autunno, nella campagna pianeggiante a un tiro di bicicletta da casa mia sono proprio quello che Dio fece, quando si ha voglia di staccare un cinque dieci minuti dal Mondo.
Mica serve per forza andare a sballlarsi in discoteca o ubriacarsi fradicio.Per carità, anche.
Però quell'impalpabile acquolina a mezz'aria, con quell'odore penetrante della campagna che dorme, in un mattino di prodromo all'inverno, mi riuscì sempre amico e complice.
Come quella volta che l'università mi sembrava la cosa più stupida mai inventata, il chiudersi insieme a tanti altri poveri individui nella loro singolarità costretta all'impostura presenza per il dovere di una firma.Una firma!Ma se la tengano la firma, pensai un mattino come questo e tanti altri, si tengano i Signori le loro Mondanità, io mi regalo un cinque minuti di Infinito.
Vi pare poco?
Non ci vuole molto a lasciare la bicicletta e appoggiarla ad un albero amico e inziare ad incespicare sulla terra cemento che l'umido e il freddo avvolge come un cappotto, e iniziare anche a non pensare molto.
Poi c'è il Silenzio.
Voi magari state in campagna aperta, come quella fidanzata che abitava infrattata in mezzo ai lupi, in un posto a cui la notte donava un' aria complice e misteriosa, almeno ai miei occhi di cittadino borghesuccio, e la faccenda del silenzio può dirvi e non dirvi.
L'unico rumore che si sentiva in quella casa umida che sapeva di mela era il fracassarsi di un qualche ramo del boschetto vicino, o le rane al fiumiciattolo più in basso, oltre la riva delle Pesche.
Il Silenzio sa anche un po' di morte.
Il rumore è vita, agitazione, frenesia, un buon divertissment pascaliano per dimenticare quello che realmente siamo e saremo.La nostra condizione più autentica, insomma.
Dimenticarlo è peccato.
Apposta appena posso mi perdo con la complicità del freddoumido.
Perchè so sempre troppo di me, l'iperstimolazione del mondo mi confonde, mi blandisce, mi lusinga e mi ammalia, beffarda.
Mi confondo in essa convinto di far parte di un bel meccanismo oliato e funzionante, ma , Signori miei, è tutta illusione, tutta questa finitezza porta a dimenticare che esiste anche una dimensione non così finita, senza troppi ostacoli, che fa parte di quella assurda realtà che è l'infinitezza Universale.
Ma ecco che un piede in fallo e l'improvviso istinto di autoconservazione- il pensiero!il pensiero!- mi salvano da morte certa per annegamento, o perlomeno congelamento, nella bealera sotto il mio naso arrossato.
L'Infinito non sempre è cosa da uomini...

Monday, November 27, 2006

Cacciatrice o...???

Mi volle lasciare una sera di inizio estate che le foglie inziavano già ad essere bundose sulle piante e il calduccio non accenava a diminuire, se non sulla collina dove eravamo, sotto il castellaccio in pietra.
Lei parlava con gli occhi bassi, ed io, che non ero fesso, ascoltavo in silenzio quella nenia precostruita di parole guardando i lumini delle Langhe in lontananza.
Sempre le stesse cose alla fine.Mai una volta che, vivalamadonna!, si possa inventare qualcosa di nuovo, che so:ti lascio perchè credo che un Ufo mi rapirà presto.
Oppure, la butto li, ti lascio perchè voglio andare a studiare il comportamento delle formiche in Australia.
Almeno uno si diverte.
Ennò, bisogna sempre abbarbicarsi alle scuse preconfezionate da supermercato, tipo prendi tre che te ne do sei, quelle che mirano a farti piangere, avvilire, riflettere e dire sai non sto più bene ultimamente, e non è per te sai, te sei sempre tanto buono e caro, oppure, come fece lei, quella sera, devo prendermi la pausa di riflessione.
Ma su cosa?Sulla gettatezza heidegerriana e sulla disperazione in cui sguazziamo tutti allegramente?
Perchè diavolo non ci si più divertire anche quando non si dovrebbe?
Anzi, è meglio, il fascino della trasgressione.
"Ma sparati che fai un affare!"
La frase mi uscì così bella e di colpo che valse a rendere soddisfacente una sera in cui tutti si sarebbero tagliati le vene, fu forse solo qualcosa più di niente, su quella collina, ma mi bastò.
Il momento la esigeva, la battuta anti tremore post traumatica da lasciamento era mia.
Cento punti per me.
L'esito fu altrettanto risibile, come un bel cartone quando meno te l'aspetti: il suo pianto, le sue lacrime che magari voleva mie, l'infingardona, ma mi piacque sempre molto vedere piangere chi ci vorrebbe tristi: fa godere, mi dà orgasmo e soddisfazione.
Per me fu così, quella sera di fine Maggio in cui la Magnolia profondeva profumi dalla collinetta sotto la Torre.
I posti romantici mica servono solo per le sdolcinerie, anzi, donano un gioiosa ed esecrabile allegria sempre, un bel sorriso dove non si potrebbe e dovrebbe.
Anche un bell'addio come Dio comanda insegna molto della vita- e alla vita-no?
Poi la collina divenne poco a poco sempre più alta e lontana, la strada scorreva lenta, anche troppo, e volli dirglielo.
Credeva di cacciare la poveretta, era sicura, la sua ostentazione patetica, la mia sicurezza troppo evidente per nasconderla, a cosa sarebbe valso poi?
Che pena quando i ruoli si invertono, se non fossi sempre così serio e distaccato ci sarebbe stato da commuoversi.
Fu divertente e persino scontato rifiutarla, dopo che lei ci ripensò- l'orgoglio è una brutta bestia ma a qualcuno fa gola- nella sua macchinetta nuova e odorante di concessionaria, su quella piazza.
"Non vuoi, perchè?"
"La vita ce lo impone, bella mia, o giocare, o............"

Wednesday, November 22, 2006

Visto abbastanza

Sentito abbastanza

Conosciuto abbastanza

Parto verso lidi e affetti nuovi.


Arthur Rimbaud, "Illuminazioni"